C’era una volta un fiume azzurro, che ora di azzurro ha solo il riflesso del cielo.
Fino a 30 anni fa, come ben potete immaginare, il Calore era totalmente diverso, acqua cristallina e molti pesci. Stando in riva al fiume un’ intera giornata era più o meno questo lo spettacolo a cui si poteva assistere.
Sotto il ponte della " Passarella" enormi branchi di sardelle, creavano, strusciandosi sui sassi, riflessi argentei. I Cavedani i piu bravi li catturavano con le mani tanto che erano abbondanti.
I barbi mangiando sul fondo, ribaltavano i sassi, creando linee candide sul fondo.
Nelle serate primaverili, l’acqua ribolliva perché i pesci si cibavano delle innumerevoli libellule che schiudendo, si libravano nell’aria e poi, verso il tramonto, saltavano da ogni dove: era questo il segno dell’entrata in caccia della regina del fiume, la trota, pescata con un’arte, solo dai più bravi, perche in quel fiume ci era nata e ne conosceva ogni anfratto.
Allora i pochi negozi di pesca vendevano solo qualche amo e qualche turacciolo (galleggiante) e come terminale si usava un crine di cavallo eppure i pesci si prendevano lo stesso anche senza le diavolerie super tecnologiche di oggi.
E le esche?
Bè si recuperavano sul posto, vermi e insetti erano i più gettonati ( e sanguette o capeciuccio).
I pesci del Calore non avevano bisogno di controlli del'ASL o quant’altro, perché l’acqua del fiume si poteva bere.
Poi arrivò il progresso e iniziarono i problemi.
Le industrie cominciarono a scaricare detersivi e prodotti chimici. Incominciarono a scomparire molte creature fluviali, per primi i barbi e poi le trote. Fino ad arrivare ai giorni nostri, dove ormai non c'è più nessuna specie autoctona, e il Calore continua ad essere sempre più inquinato.
I problemi ambientali restano e opacizzano l'ambiente, ma non tanto da cancellare i ricordi, molto azzurri...
a scampagnata a iomara
a lavà i panni a iomara
a mangia sotto o platano, addò "Vicienzo ò Prefetto"